Le chiese dipinte nei monasteri fortificati

Voroneţ

Parte integrante dell’antica Moldavia, la Bucovina è spartita tra Romania e Ucraina. Occupata per gran parte del suo territorio dalle propaggini orientali dei Carpazi, si caratterizza per la natura e, soprattutto, per la produzione pittorica tra i secoli XV e XVI. Tanti i dipinti, legati a un’insolita concentrazione di monasteri: oltre quaranta! Ricoprono le pareti esterne e interne di chiese, all’interno di conventi, in parte riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Tutto si deve a un personaggio emblematico: Ştefan cel Mare, figlio di Bogdan II, leader militare (voivoda) e principe di Moldavia, considerato difensore della Cristianità e “atleta di Cristo”, per la sua difesa contro l’avanzata ottomana. Ma si ricorda anche la sua strenua resistenza verso gli invasori polacchi e ungheresi, in una azione politica continuata dal figlio Petru Rareş. Sono alcuni monasteri-capolavoro, come quelli di Voroneţ, Moltdoviţa, Suceviţa, Humor a rappresentare la sintesi di una stagione che ha caratterizzato la storia della Moldavia (regione confinante con la Bucovina, con la parte orientale prima assorbita dall’ex Unione Sovietiva, oggi indipendente).

Difficile fare una graduatoria. Tra i più belli, da segnalare Voroneţ, nei pressi della cittadina di Gura Humorului, monastero fondato da Stefano il Grande nel 1488 come voto in occasione della terza battaglia vinta contro i Turchi. Definito anche la “cappella sistina dell’Est”, il monastero incarna un po’ tutte le caratteristiche riscontrabili negli altri monasteri, in un’originale fusione di elementi stilistico-architettonici bizantini nell’uso dello spazio e di elementi europei che ritroviamo ad esempio nell’utilizzo frequente di bifore gotiche. La chiesa, dedicata a San Giorgio, provoca ad un primo impatto visivo, uno stordimento con le sue pareti esterne interamente affrescate, in una apoteosi di colori e immagini, tutte pervase dal cosiddetto “azzurro di Voroneţ” che la leggenda attribuirebbe, erroneamente, all’utilizzo del lapislazzulo. Rispetto all’edificio, gli affreschi furono aggiunti alla fine degli quaranta del secolo successivo per volere del teologo Grigore Roşca, cugino di Petru Rareş. All’originale pianta che includeva originariamente il pronao e il naos, lo stesso Roşca fece aggiungere, negli stessi anni, l’esonartece, abbellito da due eleganti bifore gotiche trilobate. Gli affreschi esterni, nella loro evidente vocazione didattico-educativa, si spiegano in un continuo di rimandi alla Bibbia, con scene e raffigurazioni che si distaccano ampiamente dalla ieraticità bizantina, fondendo l’aulicità di quest’ultima con un gusto per la descrizione realistica.

È sotto Stefano il Grande che si definisce la forma delle chiese moldave ortodosse. Il primo ambiente è costituito dall’esonartece, una sorta di vestibolo di ridotte dimensioni, prima chiuso poi nelle varianti più tarde aperto da alte e strette arcate. Da qui si accede al pronao, luogo riservato alla comunità dei fedeli che precede la camera sepolcrale (se ospitano la tomba del fondatore) oppure direttamente al naos, di solito arricchito da scene della Passione e sovrastato dalla cupola in cui compare spesso il Cristo Pantocratore. A separare il naos dall’ultimo ambiente, l’abside, in cui è collocato l’altare, c’è l’Iconostasi, una sorta di grata divisoria, in genere arricchita di icone sacre che divide l’ambiente del naos dal santuario vero e proprio, dove operano i soli celebranti. Altri elementi frequenti sono una o due torri-lucernari corrispondenti al naos e (oppure) al pronao, nonché e caratteristiche mura di conta che inglobano la chiesa e gli ambienti annessi, realizzando l’aspetto di una piccola cittadella fortificata.

Chiesa Moldoviţa, interno

Spostandoci cronologicamente di qualche decennio in avanti, troviamo la chiesa dedicata all’Annunciazione del monastero di Moldoviţa. Fondata nel 1532 da Petru Rareş, figlio di Stefano il Grande, su preesistenze degli inizi del XV secolo, qui sono il rosso e l’ocra a costituire lo sfondo cromatico su cui si svolgono le scene narrate, in una successione ricchissima di simbologie e significati, dove ogni tassello acquista un’importanza ben precisa all’interno del complesso programma iconografico. Ultima tappa di questo itinerario è la chiesa della Resurrezione di Suceviţa, la più scenografica tra questi monasteri, contornata da un’imponente cinta muraria, aggiunta dopo il 1595, dominata da quattro torri in cui prevale quella campanaria di nord-est, contornata da impressionanti muri di rinforzo. Suceviţa, è anche l’ultimo testimone, cronologicamente parlando, dei monasteri dipinti della Bucovina, costruito nel 1584 dai fratelli Movilã, appartenenti alla dinastia voivodale, riprende, ammodernandoli, i canoni dei precedenti monasteri, pur risentendo di un linguaggio russo, in un’epoca di sostegno politico dello zar. Poi andrebbero menzionati monasteri di Putna, dove riposa la salma di Stefano il Grande, Arbore, Humor, Probota e tanti altri le cui eleganti narrazioni pittoriche sono la testimonianza del miracolo artistico di una terra, la Bucovina, che, a dispetto delle travagliate vicissitudini, ha saputo mantenere integro il fascino della sua nobile storia.


Leggere

– Bucovina. A travel guide to Romania’s region of painted monasteries. Helsinki: Metaneira, 2005.

– M. I. Pascu, Bucovina: arcipelago monastico. Bucarest: Editura Tipo, 2007

– AAVV, Stefano il Grande: ponte tra l’Oriente e l’Occidente, catalogo della mostra Musei Vaticani (Ottobre 2004). Bucarest: Ministero della Cultura e dei Culti, 2004.

– I. I. Solcanu, Romanian art and society (14th-18th century). Bucarest: Editura Enciclopedica, 2004.


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www.romanianmonasteries.org

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