Monet, i monaci e la taggiasca

Olio, Liguria

L’olivo e l’arte, l’olivo non come emblema di un paesaggio e di uno stile di vita, ma di valenze più vaste e trascendenti. Partiamo dai paesaggi dipinti da Claude Monet, che si ferma a Bordighera e da lì parte per dipingere i panorami di Dolceacqua, Ventimiglia, giardini e altri luoghi, ma si concentra anche sull’olivo, studiando la singola pianta. Qui la cultivar per eccellenza è la taggiasca, arrivata in Liguria in epoca antica. La prima documentazione sulla presenza di olivi risale all’alto medioevo, a quanto sembra grazie ai monaci benedettini provenienti dall’isola-monastero di Lerino, che potrebbero aver innestato olive provenienti da Cassino. Per inciso, un monastero c’è ancora oggi a Taggia, ma è di costruzione quattrocentesca. Queste le radici, probabili, di un una diffusione puntuale dell’olivicoltura soprattutto nel Ponente ligure, grazie anche a terrazzamenti, vista la complicata morfologia del territorio. La pianta ha un frutto piccolo ma dalla buona resa, ed è gustoso a tavola. A questi proposito, per l’oliva si usano vari trattamenti, con sale e aromi mediterranei, seguendo antiche abitudini: il noto cuoco Bartolomeo Scappi (1500-1577) serve «olive di Genova», ovvero del territorio dell’antica Repubblica, in un raffinato banchetto per un cardinale, a Roma. La prima vera lavorazione industriale di olive in salamoia e varie salse inizia solo nel Dopoguerra. Diffusa nelle provincie di Imperia e Savona, la pianta della taggiasca può raggiungere anche i 15 metri di altezza. Matura  tardivamente, in gennaio, l’olio ha un colore giallo, un odore di fruttato maturo e fruttato con sensazione decisa di dolce, sfumatura piccante e sentori di mandorla, pinolo. L’acidità e sempre bassa, a riprova della qualità. Questo prodotto di usa in gastronomia per i principali piatti liguri, a base sia di carne che di pesce: basti citare il coniglio in umido alla sanremese, l’agnello alle olive, il roastbeef alla salsa di olive, il baccalà alla levantina, la cappunadda (l’insalata di mare ligure). L’olio che si ricava dalla taggiasca ha il pregio di non coprire i sapori, quindi è perfetto per le fritture (e il più salutare per questo tipo di cottura). Ci sono poi le olive in salamoia, anche se le olive crude vengono apprezzate per la loro aromaticità. La taggiasca ha ottenuto la Dop dal 1997 e certo non è isolata tra le prelibatezze di quest’area frontaliera.

Dolceacqua

Leggere

Olivo. Tesoro del Mediterraneo. AA. VV. (Alinari)

Olio extravergine d’oliva. Marco Larentis, Simone De Nicola, Stefano Bonamico (Hoepli)

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